Dicembre, 2021

09Dic(Dic 9)20:00AKADEMIE FUR ALTE MUSIK BERLIN - ISABELLE FAUST violinomusiche di J. S. Bach, C.P.E. Bach20:00 Genere:Barocca,Stagione 2021-2022ACQUISTA ONLINE

Ora

(Giovedì) 20:00

Dettagli

 

AKADEMIE FÜR ALTE MUSIK BERLIN

ISABELLE FAUST violino
BERNHARD FORCK violino & Concertmaster
XENIA LÖFFLER oboe

 

PROGRAMMA

J. S. Bach Concerto per due Violini, archi e b.c. in re minore, BWV 1043
Vivace – Largo – Allegro

C. P. E. Bach Sinfonia in Do Magg. Wq 182 No. 3
Allegro assai – Adagio – Allegretto

J. S. Bach Concerto per Oboe, Violino, archi e b.c. in do minore, BWV 1060R
Allegro – Adagio – Allegro

J. S. Bach Concerto in sol minore per Violino, archi e b.c. BWV 1056R
Allegro moderato – Largo – Presto

J. S. Bach Trio Sonata in Do Magg. BWV 529
Allegro – Largo – Allegro

J. S. Bach Concerto in re minore per Violino, archi e b.c. BWV1052R
Allegro – Adagio – Allegro

 

L’Akademie für Alte Musik Berlin (Akamus) è stata fondata nel 1982 a Berlino. Fin dagli albori, è diventata una delle principali orchestre da camera al mondo su strumenti d’epoca e può vantare una storia di successi senza precedenti. Da New York a Tokyo, da Londra a Buenos Aires, Akamus è ospite sempre gradito e si esibisce regolarmente nei luoghi più importanti in Europa e all’estero. Akamus si è affermata come uno dei pilastri della vita culturale berlinese, detenendo una propria serie di concerti al Konzerthaus di Berlino da più di trent’anni e avendo collaborato con la Staatsoper di Berlino nel repertorio barocco dal 1994. Inoltre, l’ensemble ha una sua propria serie di concerti al Prinzregententheater di Monaco dal 2012. Con una media di cento esibizioni all’anno, Akamus si esibisce in una varietà di formazioni che spazia dalla musica da camera al repertorio sinfonico. Oltre a collaborare con i direttori ospiti, l’orchestra viene spesso diretta dalla postazione del primo violino, Bernhard Forck, Georg Kallweit o Stephan Mai.

Isabelle Faust
Isabelle Faust cattura l’attenzione dei suoi ascoltatori grazie a profonde e fedeli interpretazioni, basate su un’approfondita conoscenza del contesto storico delle opere ma anche su una puntuale attenzione all’attuale prassi esecutiva. Riesce costantemente a illuminare qualsiasi repertorio, spaziando da Biber a Lachenmann. In giovane età Isabelle Faust è stata vincitrice dei prestigiosi Concorsi Leopold Mozart e Paganini ed è stata in seguito invitata ad esibirsi con le principali orchestre del mondo, tra cui i Berliner Philharmoniker, la Boston Symphony Orchestra, la Sinfonica NHK di Tokyo, la Freiburger Barockorchester e la Chamber Orchestra of Europe. Ha al suo attivo importanti collaborazioni in campo concertistico o con direttori del calibro di Claudio Abbado, Giovanni Antonini, Frans Bruggen, Sir. Eliot John Gardiner, Bernard Haitink, Daniel Harding, Philippe Herreweghe, Andris Nelsons e Robin Ticciati. Isabelle Faust si esibisce in un repertorio molto ampio che spazia da J.S. Bach fino ai compositori contemporanei quali Ligeti, Lachenmann e Widmann. Sempre desiderosa di esplorare nuovi orizzonti musicali, Isabelle Faust è a suo agio sia come musicista da camera sia come solista delle più importanti orchestre sinfoniche e da camera.

Bernhard Forck
Bernhard Forck si è dedicato al violino dall’età di cinque anni. Dopo aver completato gli studi nel 1986 alla Hochschule für Musik Hanns Eisler di Berlino sotto la guida di Eberhard Feltz, è entrato a far parte dei Berliner Philharmoniker. Contemporaneamente ha sviluppato il proprio interesse per le esecuzioni su strumenti d’epoca e ha studiato con diversi eminenti esponenti del settore, fra cui Nikolaus Harnoncourt presso il Mozarteum di Salisburgo. Bernhard Forck è uno dei membri dell’Akademie für Alte Musik Berlin sin dalla fondazione dell’ensemble nel 1982. La sua carriera professionale come violinista si è sviluppata anche grazie alla sua attività con i Berliner Barock Solisten. Numerosi CD ed esibizioni all’estero testimoniano la sua abilità artistica, che si rispecchia anche nella sua attività di insegnante presso la Hochschule für Musik Hanns Eisler di Berlino. Nel 1995 ha inoltre fondato il Manon Quartet di Berlino. Bernhard Forck è stato Direttore Musicale dell’Händel Festival Orchestra di Halle dal 2007 al 2019 ed è stato Direttore Artistico del ciclo di concerti Händel zu Hause.

Xenia Löffler
Xenia Löffler, membro e oboe solista dell’Akademie Für Alte Musik Berlin sin dal 2001, negli ultimi anni si è contraddistinta come solista, musicista da camera e musicista orchestrale. In qualità di solista, si esibisce in tutto il mondo con l’Akademie Für Alte Musik Berlin; inoltre collabora con ensemble del calibro del Collegium 1704 (Praga), del Batzdorfer Hofkapelle e dell’Handel Festival Orchestra di Halle e con conduttori prestigiosi. Xenia Löffler si ripropone in special modo di esplorare il repertorio per oboe meno conosciuto. Nel 1998 ha fondato l’Amphion Wind Octet, con cui si è esibita in festival internazionali e ha inciso finora nove registrazioni, tutte di grande successo.

 

SITO

https://akamus.de/de

 

VIDEO


(DEDICATO AL PROGRAMMA DI BACH)

 

Note al programma

J. S. Bach
Concerto per due Violini, archi e b.c. in re minor, BWV 1043
Grazie alle edizioni a stampa e alla circolazione di manoscritti, la lezione vivaldiana fece scuola nell’Europa intera. Anche Bach assimilò il modello italiano e lo fuse con l’elaborazione contrappuntistica derivata dalla tradizione tedesca.
Il Concerto in re minore per due violini BWV 1043 fu scritto a Köten, dove Bach fu Kapellmeister a servizio del principe Leopold dal 1717 al 1723. Nel primo tempo, Vivace, si alternano quattro ritornelli e tre episodi solistici, ma Bach combina questo schema italiano con la fuga, la forma più complessa della musica contrappuntistica. I ritornelli presentano il soggetto della fuga. Nei soli prevalgono le imitazioni tra i due violini che spesso procedono a canone, suonando uno dopo l’altro lo stesso motivo. Anche se lo spessore sonoro è diminuito nettamente rispetto al tutti, la scrittura è densa, e Bach ottiene la coesione nel movimento utilizzando spunti del ritornello anche nei soli.
Il Largo, ma non tanto ha uno schema tripartito A-B-A, chiaramente derivato dall’aria col da capo. Emerge la cantabilità calma e tranquilla dei due violini che, ancora a canone, intrecciano uno dopo l’altro la melodia, mentre l’orchestra accompagna in sottofondo con una pulsazione di accordi.
L’Allegro finale ha una forma a ritornello. Ma quest’ultimo compare integralmente solo all’inizio e alla fine, mentre la seconda, terza e quarta ripresa ne presentano solo alcune sezioni. È un modo di procedere molto frequente in Bach, che compone ritornelli più lunghi e complessi di Vivaldi. Nei quattro soli l’autore utilizza lo stesso materiale: il secondo e il quarto episodio non sono altro che il primo, ma trasportato in altre tonalità. Inoltre l’episodio iniziale è simile al ritornello del Vivace: le sezioni si compenetrano una nell’altra, lo stile contrappuntistico si fonde con quello concertante, tutto risponde ad un ordine razionale.

C. P. E. Bach
Sinfonia in Do Magg. Wq 182 No. 3
Carl Philipp Emanuel Bach, considerato nella sua generazione come il compositore di maggior successo della famiglia Bach, trascorse gran parte della sua vita a Berlino alla corte di Federico il Grande. La sua fama già durante la sua vita risiedeva principalmente nel fatto che era considerato un grande insegnante, autore del famoso libro “Versuch über die wahre Art Clavier zu spielen” (“Saggio sulla vera via per suonare il piano”). Oltre a ciò, era famoso per essere un eccezionale improvvisatore, superando tutti i rivali. Carl Philipp Emanuel Bach è stato apprezzato in particolare da grandi compositori come Haydn, Mozart, Beethoven e Schubert, che hanno tutti confessato di aver imparato da lui. Eppure non ha mai fondato nessuna scuola. Il suo modo di comporre è singolare, intellettuale, spesso alquanto duro, sempre severo, anche quando era spiritoso. È musica per ascoltatori intelligenti e musicisti eccezionali perché, proprio come Beethoven, non ha mai avuto alcun riguardo per lo strumento per cui stava scrivendo.

J. S. Bach
Concerto per Oboe, Violino, archi e b.c. in do minore, BWV 1060R
Per quanto riguarda il Concerto BWV 1060, si immaginò inizialmente un modello originario per 2 violini, grazie anche ad alcune analogie con l’unico altro Concerto per 2 violini sopravvissuto, il BWV 1043. Ma uno studio più approfondito fece emergere differenze sostanziali rispetto ad una “tipicità” della scrittura bachiana per i due archi solisti; la scelta conclusiva fu quindi quella di affidare le due linee musicali a strumenti sì diversi, ma fortemente e “storicamente” capaci di compenetrarsi in una costruzione musicale di notevole spessore, come il violino e l’oboe.
La rielaborazione dalla scrittura cembalistica presenta certamente delle difficoltà; d’altra parte, se pensiamo ad altri lavori simili (ad esempio i Concerti per organo tratti dai Concerti strumentali di Johann Ernst o di Antonio Vivaldi), possiamo ben intuire quanto Bach non si limitasse ad una semplice “trascrizione” della partitura orchestrale ma la arricchisse di una serie di elementi capaci di valorizzare anche lo strumento destinatario. Il lavoro di Fischer riesce comunque a restituire una visione davvero convincente dell’opera, con i due strumenti concertanti capaci di integrarsi stupendamente in un andamento efficace di linee melodiche, sviluppi tematici e intrecci contrappuntistici.
Strutturato in tre movimenti (Allegro-Adagio-Allegro), il Concerto per violino e oboe aderisce a quel modello “vivaldiano” con cui Bach aveva familiarizzato nel periodo di Weimar: dal veneziano aveva appreso la chiarezza espositiva, i costruttivi rapporti dei pieni e dei vuoti, la simmetria della frase, la logica e l’ordine del discorso musicale, la limpidezza e l’equilibrio dell’insieme. Tutti quegli elementi, insomma, che avevano contribuito alla definitiva consacrazione del “concerto barocco” il cui elemento fondante è il particolare rapporto fra i soli e i tutti: un rapporto dialettico, dove predomina la dimensione del dialogo, l’alternanza fra i gruppi sonori e una compenetrazione “espressiva” delle singole articolazioni strumentali. In più, nelle mani di Bach, l’architettura italiana si arricchisce di quegli elementi tipici della sua geniale originalità compositiva, legata soprattutto alla sapiente conoscenza contrappuntistica.
Il primo Allegro si apre con l’esposizione, da parte del tutti, di un tema molto ben definito e incisivo a cui seguono i primi episodi solistici che si collocano però come dolci espansioni della cellula tematica (raffinatissimo il leggiadro trillo dell’oboe che trasmette una vibrazione di piacere). Già da questo primo movimento è evidente come nei Concerti bachiani il contrasto solo-tutti assuma una maggiore pluralità di sfumature formali: dal sapiente uso dei ritornelli che, scomposti in frammenti, vengono proiettati nelle sezioni del solo creando vivaci e serrate zone di contrazione e rilassamento, all’utilizzo della più schematica struttura tripartita (ABA), all’unione tra forma – concerto e temi fugati in una dimensione polifonica.
Anche nell’Adagio si conferma l’adesione allo stile italiano: come altri movimenti analoghi, esso è concepito come “aria”, con slanci melodici di stampo vocale e un morbido procedimento altalenante (quasi una ‘siciliana’) che si snoda in un emozionante dialogo tra i due strumenti solistici, assoluti protagonisti del brano. Ma anche qui Bach non rinuncia al proprio tocco di unicità: la linea melodica è infatti una fuga, anche se – a causa della lunghezza del soggetto principale e di alcune piccole varianti – non la si riconosce a prima vista come tale. L’orchestra si limita ad una funzione di accompagnamento ‘pizzicato’ sopra il quale gli assoli vibrano liberamente nello spazio in una atmosfera di incanto assoluto.
Il tema dell’ultimo Allegro è spigliato e disinvolto, caratterizzato, nel suo ‘incipit’, da quattro crome che saltano spavaldamente su e giù; anche qui i due strumenti entrano combinando in maniera diversa il materiale tematico. Come per il primo movimento i ritornelli dell’orchestra e gli episodi solistici si alternano sviluppandosi in molteplici varianti con una maggiore concessione all’espressione virtuosistica.

J. S. Bach
Concerto in sol minore per Violino, archi e b.c. BWV 1056R
Poiché il rapporto fra partiture originali e successive rielaborazioni dei concerti bachiani può essere facilmente reversibile, non è infrequente che a partire dalle ultime versioni vengano dedotte o ricostruite quelle primarie, restituendo agli antichi solisti quel che l’autore, adattandosi ai nuovi bisogni, aveva trasferito alle competenze del clavicembalo. E questo che avviene per esempio con il Concerto BWV 1056, una composizione in stile italiano il cui autografo conosciuto prevede come solista lo strumento a tastiera, ma che nella prassi esecutiva si affida volentieri anche al violino, riconosciuto come il suo destinatario d’origine. Il passaggio da uno strumento all’altro prevede anche il cambio di tonalità: fa minore quando solista è il clavicembalo, sol minore in presenza del violino. Ma la natura composita del materiale bachiano è in questo caso accentuata dal fatto che il movimento centrale del Concerto compare nel suo catalogo anche come sinfonia introduttiva di una bellissima cantata sacra per la III Domenica dall’Epifania (Ich steh mit einem Fuss im Grabe BWV 156). La caratteristica fondamentale di questo lavoro è ad ogni modo la sintesi, ovvero il grado di concisione che Bach impone a tutto il materiale tematico e che in alcuni casi si riflette sulle scelte stilistiche insolite per il suo modo di scrivere. Da notare come l’accompagnamento pizzicato della melodia, già presente nel tempo centrale del Concerto BWV 1060, definisca per Bach un rapporto diretto e immediatamente documentabile con lo stile del concerto all’italiana, e più in particolare con Vivaldi.

J. S. Bach
Trio Sonata in Do Magg. BWV 529
L’evoluzione della forma e della concezione bachiana della sonata è evidente in questa composizione. L’idea, presentata con grande e logica continuità, dà luogo ad una esposizione di vastissime proporzioni. Il pensiero si sviluppa con elementi derivati dal tema stesso; questi elementi si imitano, vengono invertiti nell’ordine delle parti, s’incrociano tra le voci
Questo primo tempo si distacca, nell’ampiezza delle idee e della linea, dalle precedenti sonate e – si può dire – precorre la Sonata moderna.
L’Adagio è in stile fugato e si compone di due temi: uno principale e uno secondario. Il primo (quello iniziale) è preminentemente cantabile; il secondo, invece, è un tema movimentato.
Segue immediatamente il terzo ed ultimo tempo (Allegro) che analogamente al primo è di stile fugato ed è composto su due temi.
Il tema d’inizio attacca in modo deciso e la sua incisiva figurazione gli conferisce un carattere di grande energia.
L’idea musicale viene espressa con grande chiarezza in tutta la sua intera esposizione. Segue un altro periodo con il secondo tema di carattere scherzoso che aggiunge al tempo brio e vivacità.

 J. S. Bach
Concerto in re minore per Violino, archi e b.c. BWV1052R
Il ciclo dei sette Concerti trascritti per cembalo con accompagnamento orchestrale è arrivato sino a noi nella forma di una preziosa bella copia scritta di pugno dal compositore. La partitura del Concerto BWV 1052, nella prima versione per violino e orchestra non ci è dunque giunta. Sono stati vari in passato i tentativi di ricostruire la versione originale perduta del Concerto: ci provarono nel 1873 Ferdinand David, che ne preparò una versione per violino e pianoforte, e Robert Reitz nel 1917. La ricostruzione più recente è quella di Wilfried Fischer, confluita nella Neue Bach-Ausgabe (il progetto che prevede la revisione e la pubblicazione delle composizioni di J. S. Bach). Dunque il percorso storico del Concerto per violino è assai particolare: dall’originale alla trascrizione e dalla trascrizione all’idea originaria. Una sorta di Concerto “al quadrato” che testimonia l’inesauribile energia intellettuale, artigianale ed espressiva della musica di Bach.
A differenza di altri Concerti, la parte affidata al solista nel BWV 1052 si presenta complessa e richiede una notevole abilità esecutiva. L’unisono iniziale dell’Allegro funziona da grandioso sipario del Concerto, ma è il contrappunto, la polifonia, che ne arricchisce il tessuto e ne rende affascinanti i temi. L’interazione tra violino e orchestra è sempre animata da un sapiente combinarsi delle parti in cui ritornello e parte solistica si rapportano tra loro originando una macro-forma piena di suggestione espressiva. I movimenti lenti dei Concerti di Bach costituiscono alcuni dei suoi brani più sentiti, al punto da richiamare alcuni momenti delle sue Passioni.
Il Concerto BWV 1052 ha la particolarità di essere l’unico che ha in tonalità minore anche l’Adagio centrale. L’esordio “passeggiato” iniziale ha qualcosa di riflessivo e addolorato: il suo andamento tipico pervade con discrezione tutto il brano. L’entrata del violino sembra rispondergli con intensità: entrambi procedono in un crescendo di suggestiva bellezza. La divisione fra accompagnamento e solista, che sembrano appoggiarsi l’un l’altro come in una scena tragica, crea qui una profondità inusitata che rasenta punte di rara drammaticità.
Il piglio ritmico del terzo tempo, Allegro, chiaramente ispirato a un movimento di danza, fonde insieme fascino virtuosistico, magia timbrica e sapienza armonica: l’attualità di Bach, oltre che per la sua nota intensità, passa anche per la frizzante e sorprendente capacità di donare ai suoni una slanciata leggerezza.

 

 

 


nella foto: Isabelle Faust (© Felix Broede)

 

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