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Hiromi, la pianista che ha stupito il mondo Dopo la sua esibizione in occasione dello show d’apertura Tokyo 2020, il New York Times definì "il suo modo di suonare
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Hiromi, la pianista che ha stupito il mondo
Dopo la sua esibizione in occasione dello show d’apertura Tokyo 2020, il New York Times definì “il suo modo di suonare atletico, in senso olimpico: brutalmente efficiente, singolarmente concentrato, imperioso nella sua fisicità”. Sì, perché che una donna minuta e apparentemente delicata possa esprimere una tale energia non può lasciare indifferenti.
Pochi, grazie al loro virtuosismo, riescono a governare le dinamiche come lei, essere tigre e farfalla e pochissimi sono arrivati a creare un abbagliante stile personale come Hiromi. A tal proposito, sempre il New York Times scrive: “Le influenze dello swing, del groove e del ragtime sono contagiose nelle performance di Hiromi, mentre balla tra le linee del pop-jazz e del blues. Le tradizioni musicali le servono come punto di partenza per attraversare la stratosfera.”
L’eclettismo del suo approccio alla musica è innegabile. Più volte critici e giornalisti le hanno chiesto quale sia il genere che lei suona. Ecco una sintesi molto chiara del suo pensiero: “non voglio dare un nome alla mia musica. Altre persone possono dare un nome a quello che faccio. Per me è solo l’unione di ciò che ho ascoltato e di ciò che ho imparato. Ha alcuni elementi di classica, ha un po’ di rock, ha un po’ di jazz, ma non ho bisogno di darle un nome. Per me ci sono solo due generi: quello che muove il mio cuore e quello che non lo fa. Io suono solo la musica che muove il mio cuore“.
Se non l’avete mai vista dal vivo ecco una buona occasione per salire sulla sua astronave Sonicwonder, con destinazione Sonicwonderland. L’equipaggio è composto da Adam O’ Farrill alla tromba, Hadrien Feraud al basso e Gene Coye alla batteria e guidato dalla comandante propone un potente e irresistibile jazz funk, intramezzato da episodi di grande pianismo.
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Raccontare “Orzowei” in poco più di un’ora è impresa non semplice. Per questo la regia di Elisabetta Garilli sceglie di dare grande rilievo ai messaggi che Alberto Manzi intendeva
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Raccontare “Orzowei” in poco più di un’ora è impresa non semplice. Per questo la regia di Elisabetta Garilli sceglie di dare grande rilievo ai messaggi che Alberto Manzi intendeva far arrivare ai suoi giovani lettori, più che alla narrazione degli eventi. Si concentra sull’intento pedagogico del romanzo, parlando agli spettatori, come il maestro avrebbe fatto con i suoi allievi, dell’importanza della collaborazione fra le culture e le etnie, della preziosità che le loro differenze rappresentano e dei vantaggi enormi che possono derivare dalla reciproca conoscenza e stima.
“Orzowei” è uno spettacolo che porta indietro nel tempo per le modalità divulgative e didattiche, ma calato profondamente nella realtà di oggi per il messaggio che porta.
Ha il sapore della TV sperimentale degli anni ’70, pronuncia le parole di un maestro degli anni ’50, premuroso verso gli allievi in quanto dedito al loro sano apprendimento, ma senza la preoccupazione di scioccare o provocare domande.
Coinvolge tutte le sfere dell’espressività con “lenta” determinazione, che lascia lo spazio all’elaborazione personale, il tempo all’interpretazione, permette alle domande di nascere, cercando di rispondere a tutte con la maggior efficacia possibile.
Utilizza il linguaggio artistico ma crea momenti per il dibattito e il confronto, racconta e spiega ma lascia spazio all’immaginazione nel figurare luoghi e personaggi.
Le letture tratte dal testo sono scelte con l’intento di concentrare l’attenzione sul tema dell’arricchimento dato dalla diversità, sui dialoghi formativi del giovane “swazi” dalla pelle bianca, sulle esperienze a contatto con le 4 saggezze che lo istruiscono: la cultura zulu che lo ha allevato, quella boscimane che lo ha istruito, quella occidentale destinata ad accoglierlo, e quella di una Natura violenta e maestra che gli insegnerà con le intelligenze degli animali della foresta.
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Raccontare “Orzowei” in poco più di un’ora è impresa non semplice. Per questo la regia di Elisabetta Garilli sceglie di dare grande rilievo ai messaggi che Alberto Manzi intendeva
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Raccontare “Orzowei” in poco più di un’ora è impresa non semplice. Per questo la regia di Elisabetta Garilli sceglie di dare grande rilievo ai messaggi che Alberto Manzi intendeva far arrivare ai suoi giovani lettori, più che alla narrazione degli eventi. Si concentra sull’intento pedagogico del romanzo, parlando agli spettatori, come il maestro avrebbe fatto con i suoi allievi, dell’importanza della collaborazione fra le culture e le etnie, della preziosità che le loro differenze rappresentano e dei vantaggi enormi che possono derivare dalla reciproca conoscenza e stima.
“Orzowei” è uno spettacolo che porta indietro nel tempo per le modalità divulgative e didattiche, ma calato profondamente nella realtà di oggi per il messaggio che porta.
Ha il sapore della TV sperimentale degli anni ’70, pronuncia le parole di un maestro degli anni ’50, premuroso verso gli allievi in quanto dedito al loro sano apprendimento, ma senza la preoccupazione di scioccare o provocare domande.
Coinvolge tutte le sfere dell’espressività con “lenta” determinazione, che lascia lo spazio all’elaborazione personale, il tempo all’interpretazione, permette alle domande di nascere, cercando di rispondere a tutte con la maggior efficacia possibile.
Utilizza il linguaggio artistico ma crea momenti per il dibattito e il confronto, racconta e spiega ma lascia spazio all’immaginazione nel figurare luoghi e personaggi.
Le letture tratte dal testo sono scelte con l’intento di concentrare l’attenzione sul tema dell’arricchimento dato dalla diversità, sui dialoghi formativi del giovane “swazi” dalla pelle bianca, sulle esperienze a contatto con le 4 saggezze che lo istruiscono: la cultura zulu che lo ha allevato, quella boscimane che lo ha istruito, quella occidentale destinata ad accoglierlo, e quella di una Natura violenta e maestra che gli insegnerà con le intelligenze degli animali della foresta.
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Raccontare “Orzowei” in poco più di un’ora è impresa non semplice. Per questo la regia di Elisabetta Garilli sceglie di dare grande rilievo ai messaggi che Alberto Manzi intendeva far arrivare ai suoi giovani lettori, più che alla narrazione degli eventi. Si concentra sull’intento pedagogico del romanzo, parlando agli spettatori, come il maestro avrebbe fatto con i suoi allievi, dell’importanza della collaborazione fra le culture e le etnie, della preziosità che le loro differenze rappresentano e dei vantaggi enormi che possono derivare dalla reciproca conoscenza e stima.
“Orzowei” è uno spettacolo che porta indietro nel tempo per le modalità divulgative e didattiche, ma calato profondamente nella realtà di oggi per il messaggio che porta.
Ha il sapore della TV sperimentale degli anni ’70, pronuncia le parole di un maestro degli anni ’50, premuroso verso gli allievi in quanto dedito al loro sano apprendimento, ma senza la preoccupazione di scioccare o provocare domande.
Coinvolge tutte le sfere dell’espressività con “lenta” determinazione, che lascia lo spazio all’elaborazione personale, il tempo all’interpretazione, permette alle domande di nascere, cercando di rispondere a tutte con la maggior efficacia possibile.
Utilizza il linguaggio artistico ma crea momenti per il dibattito e il confronto, racconta e spiega ma lascia spazio all’immaginazione nel figurare luoghi e personaggi.
Le letture tratte dal testo sono scelte con l’intento di concentrare l’attenzione sul tema dell’arricchimento dato dalla diversità, sui dialoghi formativi del giovane “swazi” dalla pelle bianca, sulle esperienze a contatto con le 4 saggezze che lo istruiscono: la cultura zulu che lo ha allevato, quella boscimane che lo ha istruito, quella occidentale destinata ad accoglierlo, e quella di una Natura violenta e maestra che gli insegnerà con le intelligenze degli animali della foresta.
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Musical e musiche da film
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Un quartetto formidabile, per la prima volta insieme in Europa: Peter Erskine alla batteria, Alan Pasqua al pianoforte, Darek Oles al contrabbasso e Bob Mintzer al sax.
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Un quartetto formidabile, per la prima volta insieme in Europa: Peter Erskine alla batteria, Alan Pasqua al pianoforte, Darek Oles al contrabbasso e Bob Mintzer al sax.
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A. Salieri Sinfonia in Re Maggiore “La Venexiana” W. A. Mozart Sinfonia Concertante per violino e viola K 364 W. A. Mozart Sinfonia n. 40 K 550
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A. Salieri
Sinfonia in Re Maggiore “La Venexiana”
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Sinfonia Concertante per violino e viola K 364
W. A. Mozart
Sinfonia n. 40 K 550
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Una sfida particolarmente impegnativa per l'assoluta particolarità del repertorio: l'originalità delle canzoni, il loro essere così diverse tra di loro nella musica e nei testi, così intrise da un'inesauribile
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Una sfida particolarmente impegnativa per l’assoluta particolarità del repertorio: l’originalità delle canzoni, il loro essere così diverse tra di loro nella musica e nei testi, così intrise da un’inesauribile vena compositiva, potrebbe rendere arduo il lavoro di affrontarle senza farne delle vere e proprie “cover”.
Gli arrangiamenti di Javier Girotto e il genio teatrale di Peppe Servillo riescono tracciare un nuovo percorso, suggestivo e inaspettato, attraverso venti grandi canzoni di Lucio Battisti. Un percorso ricco di sapori latini, ritmi avvolgenti, storia, emozioni e grande pathos.
Da “Il mio canto libero” a “Penso a te”, la maestria di Peppe Servillo, Rita Marcotulli, Javier Girotto, Fabrizio Bosso, Furio di Castri e Mattia Barbieri si mette al servizio di questo straordinario autore, abbattendo i confini che separano il mondo della canzone da quello del jazz e dell’improvvisazione per portare il pubblico in un territorio aperto: quello della grande musica e della magia dei suoni.
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K. Meyer Musica notturna, per archi D. Shostakovich Concerto n. 1 per pianoforte, tromba e archi B. Bartok Divertimento per archi
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K. Meyer
Musica notturna, per archi
D. Shostakovich
Concerto n. 1 per pianoforte, tromba e archi
B. Bartok
Divertimento per archi
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Franz Joseph Haydn (1732 - 1809) Sinfonia N. 101 in Re Maggiore “ L’Orologio “ Adagio; Presto - Andante - Minuetto: Allegretto e Trio - Finale: Vivace
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Franz Joseph Haydn (1732 – 1809)
Sinfonia N. 101 in Re Maggiore “ L’Orologio “
Adagio; Presto – Andante – Minuetto: Allegretto e Trio – Finale: Vivace
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Franz Schubert Overture D 8 In do minore ver. orch archi Franz Schubert Sonata Arpeggione ver. cello e archi Mieczyslaw Weinberg Concertino per violoncello e
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Franz Schubert
Overture D 8 In do minore ver. orch archi
Franz Schubert
Sonata Arpeggione ver. cello e archi
Mieczyslaw Weinberg
Concertino per violoncello e archi
Mieczyslaw Weinberg
Sinfonietta N 2 OP 74 per archi e timpani
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06Dic(Dic 6)20:00Neri Per Caso, "Natale per caso"20:00 via Teatro Ristori,7 - VeronaACQUISTA ONLINE
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I Neri Per Caso, come gruppo “a cappella”, specializzati cioè nel canto corale senza strumenti che ha origine nell’antico canto gregoriano (eseguito appunto nella cappella di una chiesa), sono
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I Neri Per Caso, come gruppo “a cappella”, specializzati cioè nel canto corale senza strumenti che ha origine nell’antico canto gregoriano (eseguito appunto nella cappella di una chiesa), sono da sempre esperti naturali nel genere del canto natalizio.
Il gruppo ha anche pubblicato un disco e un EP interamente dedicati alle carols natalizie.
In questa serata che inizierà a traghettarci nel clima festivo di dicembre, ascolteremo dalle arie tradizionali come “Jingle Bells” e “We Wish You A Merry Christmas”, al pop di George Michael con “Last Christmas”.
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The Soul Voices porta in Europa un repertorio unicamente gospel, dove il grande sound soul della tradizione del sud degli Stati Uniti si fonde agli spiritual e alle sonorità
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The Soul Voices porta in Europa un repertorio unicamente gospel, dove il grande sound soul della tradizione del sud degli Stati Uniti si fonde agli spiritual e alle sonorità più moderne di questo genere. John Polk è un grande entertainer, oltre che voce, ed è capace di coinvolgere il suo pubblico creando un’atmosfera di grande festa e gioia.
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ACQUISTA ONLINE27Dic(Dic 27)20:00The Black Blues Brothers20:00 via Teatro Ristori,7 - VeronaACQUISTA ONLINE
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In un elegante locale stile Cotton Club, assecondando le bizze di una capricciosa radio d’epoca che trasmette musica rhythm’n’blues, il barman e tutto lo staff si trasformano in equilibristi,
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In un elegante locale stile Cotton Club, assecondando le bizze di una capricciosa radio d’epoca che trasmette musica rhythm’n’blues, il barman e tutto lo staff si trasformano in equilibristi, sbandieratori, acrobati e danzatori col fuoco. Ogni oggetto (sedie, tavoli, appendiabiti, vasi e persino specchi) diventa uno strumento per acrobazie mozzafiato e coinvolgimento costante del pubblico.
Una festa ricca di momenti spettacolari sulle travolgenti note della colonna sonora del cult movie “The Blues Brothers”: piramidi umane, limbo col fuoco, salti con la corda e nei cerchi, gag esilaranti, divertenti striptease, spassose sfide di ballo e molto altro ancora.
Nato dalla fantasia di Alexander Sunny (già produttore di spettacoli di successo e curatore di speciali TV sul Cirque du Soleil) “The Black Blues Brothers” si è affermato come un must dell’intrattenimento dal vivo internazionale, ottenendo ovunque numerosi sold out, standing ovation e recensioni a quattro e cinque stelle in un tour mondiale di oltre 900 date e 600.000 spettatori, tra i quali Papa Francesco, che si è personalmente congratulato con gli acrobati, il Principe Alberto e la Principessa Stéphanie di Monaco e la Famiglia Reale Inglese, per la quale il gruppo si è esibito durante la Royal Variety Performance, storica trasmissione TV britannica che ha accolto i più grandi nomi della danza, del teatro e del circo, quando il Re Carlo III ha introdotto la serata lodando l’enorme talento degli artisti coinvolti.
È stato presentato tre volte con grandissimo successo al Festival Fringe di Edimburgo, la kermesse teatrale più importante al mondo, dove è stato scelto come miglior spettacolo di teatro fisico dal magazine Theatre Weekly. All’Adelaide Fringe Festival è stato indicato come miglior show acrobatico dal giornale The Advertiser.
L’enorme riscontro è valso agli acrobati un invito alla più rilevante vetrina di circo mondiale, il Festival Internazionale del Circo di Monte Carlo, dove hanno ricevuto due premi speciali, e al Moulin Rouge, storico tempio del live entertainment.
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Come tradizione vuole, il concerto di Capodanno sarà dedicato al mondo viennese e austro-ungarico con la sequenza di Valzer e Polke. Il concerto vedrà anche la partecipazione di
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Come tradizione vuole, il concerto di Capodanno sarà dedicato al mondo viennese e austro-ungarico con la sequenza di Valzer e Polke. Il concerto vedrà anche la partecipazione di due cantanti e sarà in totale sintonia con la tradizione degli Strauss, che invece di dirigere utilizzando la tradizionale bacchetta, lo facevano impugnando il violino utilizzando l’archetto e suonando personalmente alcune parti principali. L’occasione per condividere un’esperienza gioiosa, ascoltando dal vivo pagine immortali ricche di energia ed emozione ma anche per brindare al Nuovo Anno al termine dello spettacolo.
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Parigi, anni 20. Un affascinante mondo bohémien di tre giovani amici: un pittore di strada, un geniale musicista e un cantante di teatro. Infine, una giovane francese che tutti vorrebbero
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Parigi, anni 20. Un affascinante mondo bohémien di tre giovani amici: un pittore di strada, un geniale musicista e un cantante di teatro.
Infine, una giovane francese che tutti vorrebbero per sè.
Il capolavoro di George Gershwin “Un americano a Parigi” e la storia e le musiche del suo compositore, sono il fulcro di un nuovo progetto ideato e scritto da Greta Marcolongo. Un viaggio in cui musica classica e jazz si incontrano ballando a ritmo di swing e intonando brani quali “I’ve got Rhythm”, “Summertime”, “Love Is here to stay” e molti altri.
Un concerto interattivo in cui musica e canto ci accompagnano alla ricerca dei nostri sogni… ma per farlo nel migliore dei modi, non possiamo certo restare immobili ad ascoltare!
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Parigi, anni 20. Un affascinante mondo bohémien di tre giovani amici: un pittore di strada, un geniale musicista e un cantante di teatro. Infine, una giovane francese che tutti vorrebbero
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Parigi, anni 20. Un affascinante mondo bohémien di tre giovani amici: un pittore di strada, un geniale musicista e un cantante di teatro.
Infine, una giovane francese che tutti vorrebbero per sè.
Il capolavoro di George Gershwin “Un americano a Parigi” e la storia e le musiche del suo compositore, sono il fulcro di un nuovo progetto ideato e scritto da Greta Marcolongo. Un viaggio in cui musica classica e jazz si incontrano ballando a ritmo di swing e intonando brani quali “I’ve got Rhythm”, “Summertime”, “Love Is here to stay” e molti altri.
Un concerto interattivo in cui musica e canto ci accompagnano alla ricerca dei nostri sogni… ma per farlo nel migliore dei modi, non possiamo certo restare immobili ad ascoltare!
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I maestri di tango argentino Neri Piliu e Yanina Quiñones sono i registi e coreografi di questa nuova produzione di Tango Rouge Company. Saranno in scena insieme ad altri 11
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I maestri di tango argentino Neri Piliu e Yanina Quiñones sono i registi e coreografi di questa nuova produzione di Tango Rouge Company.
Saranno in scena insieme ad altri 11 artisti sulle note dal vivo della Tango Spleen Orchestra che ci condurranno nelle evocative atmosfere tra le strade della meravigliosa Buenos Aires di Evita Peron.
Quell’Argentina che ha saputo interpretare lo spirito più autentico dei “descamisados”, partigiani di Juan Domingo Perón, rappresentando l’anima più profonda e vera. Saremo avvolti in un abbraccio delicato e sensuale ispirato dalla musica del grande Carlos Gardel, la cui voce è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio culturale dell’umanità.
Uno spettacolo di tango senza tempo, impreziosito dalle innovazioni di un’altra grande icona argentina, il Maestro Astor Piazzolla.
Assistendo a questo spettacolo si vive il sentimento e la passione di questa danza dagli esordi ai giorni nostri, che i maestri Neri Piliu e Yanina Quinones portano sulle tavole del palcoscenico e nelle nostre anime.
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Giacomo Carissimi Jonas (Historia Jonae) Oratorio per soli, doppio coro e strumenti Teatro immaginato "Io non vi saprei lodare abbastanza questa musica recitativa, bisogna averla ascoltata sul posto per averne
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Giacomo Carissimi
Jonas (Historia Jonae)
Oratorio per soli, doppio coro e strumenti
Teatro immaginato
“Io non vi saprei lodare abbastanza questa musica recitativa, bisogna averla ascoltata sul posto per averne una vera idea”; ciò è quanto scrive il gambista André Maugars, inviato a Roma dal cardinale Richelieu nel 1639. Di che parla Maugars, di che musica, di che luogo? Il luogo è l’Oratorio del Ss.mo Crocifisso e la musica di cui parla è, appunto, la musica che ogni Quaresima vi si eseguiva.
Nell’oratorio si narravano storie in musica, nel genere dell’opera, ma in forma di concerto, appunto, di “oratorio”. La specialità dell’oratorio romano del Seicento in particolare è esattamente il modo cinematografico mediante il quale i compositori narravano le vicende dell’Antico e del Nuovo Testamento. Primo fra tutti, ed insuperabile nel ritmo drammaturgico è Giacomo Carissimi. Le vicende di Giona che fugge in nave nella tempesta, o della figlia di Jephte vittima di un voto orribile, come tutte le sue altre opere oratoriali, sono pagine immortali di vero e proprio teatro di narrazione musicale, coinvolgente, affascinante, sorprendente. L’Oratorio Giona, dedicato alla vicenda del profeta biblico, venne composto intorno la 1650. Resta sconosciuto l’autore del testo, derivante per la maggior parte dalla Vulgata.
La storia
Il Signore ordina a Giona di andare a predicare a Ninive; il profeta vuole sottrarsi a questo compito e s’imbarca su una nave diretta a Tarsis. Si scatena una violenta tempesta e mentre rischiano di affondare Giona rivela ai marinai che è lui la causa dell’ira divina avendo disobbedito all’ordine del Signore. Gettato in mare Giona viene inghiottito da un grande pesce rimando nel suo ventre per tre giorni e tre notti durante i quali prega il Signore e implora la sua misericordia. Su comando divino Giona si salva e può ottemperare alla sua missione.
Oltre alla presentazione, si potrebbe proiettare sullo schermo, in base alla disponibilità dei mezzi in teatro, il testo con la traduzione oppure un piccolo riassunto delle sezioni con qualche immagine o dipinto.
Insieme all’Oratorio di Carissimi verranno eseguiti altri brani tratti dal repertorio barocco con il medesimo organico.
07Feb(Feb 7)20:30Francesca Tandoi 4et20:30 via Teatro Ristori,7 - VeronaACQUISTA ONLINE
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“Francesca Tandoi è una pianista dotata di un eccelso gusto musicale e senso dello swing. Ha una voce raffinata ed è capace di comporre melodie indimenticabili e di
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“Francesca Tandoi è una pianista dotata di un eccelso gusto musicale e senso dello swing. Ha una voce raffinata ed è capace di comporre melodie indimenticabili e di arrangiare in maniera estremamente sofisticata”
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“Neapolis Mantra” è un’opera multidisciplinare ideata dal regista e coreografo italo-africano Mvula Sungani, che vede insieme sulla scena l’étoile Emanuela Bianchini, con la forza della sua physical dance, e
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“Neapolis Mantra” è un’opera multidisciplinare ideata dal regista e coreografo italo-africano Mvula Sungani, che vede insieme sulla scena l’étoile Emanuela Bianchini, con la forza della sua physical dance, e il maestro Enzo Gragnaniello e la sua potente voce black. Con loro anche la compagnia di danza, la band e un’attrice.
La creazione, ispirata dall’omonimo album inciso nel 1998 dal cantautore napoletano, e omaggio ai 20 anni dalla pubblicazione della canzone “Donna”, interpretata dall’indimenticata Mia Martini, indaga la ricerca dell’essenziale, dove il corpo e la voce diventano ponte tra il reale e l’irreale e vogliono far entrare chi assiste in una dimensione onirica, tantrica: un viaggio nelle origini più vere e viscerali di Napoli, città che nelle sue più profonde contraddizioni ama i suoi figli, e come una madre li protegge e li custodisce gelosamente.
Un percorso emozionale che parte dall’intimo, e che entra in una narrazione astratta e visiva, nell’intento di evocare storie di donne, madri e figlie, di compagne amate, cercate, perdute, desiderate, donne fatte di terra, di aria, di emozioni, di aspettative e delusioni.
La regia, pensata per creare un’atmosfera essenziale, apparentemente scarna, vive di forti suggestioni visive all’interno dello spazio scenico, che muta continuamente al passo con le costruzioni fatte di corpi in perfetta armonia con i testi e la musica, sapientemente scolpiti da luci ed effetti visuali innovativi.
La physical dance, ideata da Mvula Sungani ed Emanuela Bianchini, peculiarità della loro compagnia e che sta ricevendo prestigiosi riconoscimenti nel mondo, alternerà costruzioni coreografiche evocative a momenti più etnici e spirituali.
La colonna sonora sarà affidata ai grandi successi di Enzo Gragnaniello, eseguiti live in versione acustica, brani che l’autore ha scritto per se stesso e per grandi interpreti quali Roberto Murolo, Mia Martini, Andrea Bocelli, Dulce Pontes, Ornella Vanoni, Arisa e altri, oltre ad alcuni pezzi tratti dal nuovo album, “Lo chiamavano vient’ ‘e terra”.
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Lo spettacolo porta in scena un'interpretazione della celebre opera letteraria di de Saint-Exupéry e degli innumerevoli insegnamenti che racchiude. La selezione di passaggi narrativi tende proprio a mettere in
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Lo spettacolo porta in scena un’interpretazione della celebre opera letteraria di de Saint-Exupéry e degli innumerevoli insegnamenti che racchiude. La selezione di passaggi narrativi tende proprio a mettere in evidenza le perle di saggezza che contengono, ma tentano anche di accendere riflettori sulle caratteristiche, sui significati e sulle potenzialità interpretative dei numerosi personaggi.
Le illustrazioni, materiche o potenziate dal piano luminoso, riprese attraverso telecamera e proiettate su grande schermo, hanno il compito di ambientare la narrazione, aprendo delle vere e proprie finestre sui “mondi” abitati dai personaggi e sugli spazi, a volte mentali, esplorati dall’aviatore nella sua relazione con il Principe.
Anche l’insieme musicale, che interpreta musiche composte appositamente da Elisabetta Garilli, è coinvolto nella caratterizzazione della narrazione. Ogni musicista è anche personaggio e, in quanto tale, contribuisce allo svolgersi degli accadimenti, alla costruzione del pensiero. Nella stessa direzione la partecipazione del Coro di Voci Bianche “Novecento”, che costituirà una sorta di concretizzazione dei pensieri, insegnamenti e apprendimenti da parte del Piccolo Principe, costruendo progressivamente con i suoi interventi un “inventario della saggezza”.
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Lo spettacolo porta in scena un'interpretazione della celebre opera letteraria di de Saint-Exupéry e degli innumerevoli insegnamenti che racchiude. La selezione di passaggi narrativi tende proprio a mettere in
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Lo spettacolo porta in scena un’interpretazione della celebre opera letteraria di de Saint-Exupéry e degli innumerevoli insegnamenti che racchiude. La selezione di passaggi narrativi tende proprio a mettere in evidenza le perle di saggezza che contengono, ma tentano anche di accendere riflettori sulle caratteristiche, sui significati e sulle potenzialità interpretative dei numerosi personaggi.
Le illustrazioni, materiche o potenziate dal piano luminoso, riprese attraverso telecamera e proiettate su grande schermo, hanno il compito di ambientare la narrazione, aprendo delle vere e proprie finestre sui “mondi” abitati dai personaggi e sugli spazi, a volte mentali, esplorati dall’aviatore nella sua relazione con il Principe.
Anche l’insieme musicale, che interpreta musiche composte appositamente da Elisabetta Garilli, è coinvolto nella caratterizzazione della narrazione. Ogni musicista è anche personaggio e, in quanto tale, contribuisce allo svolgersi degli accadimenti, alla costruzione del pensiero. Nella stessa direzione la partecipazione del Coro di Voci Bianche “Novecento”, che costituirà una sorta di concretizzazione dei pensieri, insegnamenti e apprendimenti da parte del Piccolo Principe, costruendo progressivamente con i suoi interventi un “inventario della saggezza”.
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Lo spettacolo porta in scena un'interpretazione della celebre opera letteraria di de Saint-Exupéry e degli innumerevoli insegnamenti che racchiude. La selezione di passaggi narrativi tende proprio a mettere in
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Lo spettacolo porta in scena un’interpretazione della celebre opera letteraria di de Saint-Exupéry e degli innumerevoli insegnamenti che racchiude. La selezione di passaggi narrativi tende proprio a mettere in evidenza le perle di saggezza che contengono, ma tentano anche di accendere riflettori sulle caratteristiche, sui significati e sulle potenzialità interpretative dei numerosi personaggi.
Le illustrazioni, materiche o potenziate dal piano luminoso, riprese attraverso telecamera e proiettate su grande schermo, hanno il compito di ambientare la narrazione, aprendo delle vere e proprie finestre sui “mondi” abitati dai personaggi e sugli spazi, a volte mentali, esplorati dall’aviatore nella sua relazione con il Principe.
Anche l’insieme musicale, che interpreta musiche composte appositamente da Elisabetta Garilli, è coinvolto nella caratterizzazione della narrazione. Ogni musicista è anche personaggio e, in quanto tale, contribuisce allo svolgersi degli accadimenti, alla costruzione del pensiero. Nella stessa direzione la partecipazione del Coro di Voci Bianche “Novecento”, che costituirà una sorta di concretizzazione dei pensieri, insegnamenti e apprendimenti da parte del Piccolo Principe, costruendo progressivamente con i suoi interventi un “inventario della saggezza”.
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Teatro Ristori
via Teatro Ristori,7 - Verona
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Noi siamo quello che proviamo. E raccontarci agli altri significa raccontare le nostre emozioni. Ma come farlo, in un momento che sembra confondere tutto con tutto, perdendo i confini
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Noi siamo quello che proviamo. E raccontarci agli altri significa raccontare le nostre emozioni. Ma come farlo, in un momento che sembra confondere tutto con tutto, perdendo i confini fra gli stati d’animo? Ci viene detto che siamo analfabeti emotivi, e proprio da qui parte Stefano Massini– lo scrittore così amato per i suoi racconti in tv del giovedì sera a “Piazzapulita” – per un viaggio profondissimo e ironico al tempo stesso nel labirinto del nostro sentire e sentirci.
In un immaginario alfabeto in cui ogni lettera è un’emozione (P come Paura, F come Felicità, M come Malinconia…), Massini trascina il pubblico in un susseguirsi di storie e di esempi irresistibili, con l’obiettivo unico di chiamare per nome ciò che ci muove da dentro. Scorrono visi, ritratti, nomi, situazioni.
Ad andare in scena è la forza e la fragilità dell’essere umano, dipinta con l’estro e il divertimento di un appassionato narratore, definito da laRepubblica “il più popolare raccontastorie del momento”.
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(Mercoledì) 20:30
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Teatro Ristori
via Teatro Ristori,7 - Verona
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Uno spettacolo di sculpture dance e physical theatre con tecniche illusionistiche. Exodus è il nome della nave che portò in Palestina gli ebrei nel 1947. L’esodo biblico ritorna nella storia
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Uno spettacolo di sculpture dance e physical theatre con tecniche illusionistiche.
Exodus è il nome della nave che portò in Palestina gli ebrei nel 1947. L’esodo biblico ritorna nella storia ebraica come una ricorrenza ciclica e rappresenta il tema universale dell’immigrazione. Essere migranti oggi è come vivere l’esodo di duemila anni fa.
Emiliano Pellisari e Mariana Porceddu (in arte MARIANA) affrontano insieme un nuovo viaggio iniziatico attraversando coi loro danzatori deserti che muoiono sulla spiaggia, tempeste dell’anima, naufragi dello spirito. È il Mediterraneo ove sprofonda o galleggia la nostra cultura, un’acqua che, per noi, è un antico battesimo. Uno spettacolo che si lega al Qohèlet, a Giona, alla forza terribile del mare, alla violenza della nostra natura, al primo esodo della storia: il lungo cammino degli Ebrei, la dannazione dello spirito dei Cristiani, la terra dove vivono anche i mussulmani.
Un viaggio di anime sospese, di dura razza, nate nell’asciutto, che, cacciati dalla terra, inseguono l’odore del sale. I danzatori-acrobati della Nogravity ci incanteranno in un susseguirsi di immagini che, evocando le nostre radici, racconteranno una storia senza tempo, un tempo che ci appartiene anche oggi, forse ancora di più che un tempo.
Anime senza gravità scorrono leggere sulla terra, leggere come la nostra incoscienza che li ha abbandonati, pesanti come solo la colpa ed il peccato possono essere.
Un’opera di 1 ora di danza scultorea e illusionistica che riprende nelle immagini dei corpi dei danzatori la grande tradizione cristiana dell’arte rinascimentale unendosi alla musica mediterranea di Jordi Savall, accompagnati dalla voce ebraica del grande artista Moni Ovadia.
Un incontro felice e miracoloso tra Oriente e Occidente.